Intervista a Stefano Freschi, fondatore Macana Maldives

Macana Maldives prima di essere un’azienda è stata un’idea o, forse, un sogno. Il sogno di un ragazzino di tredici anni che cominciava ad andare sott’acqua e immaginava di fare l’istruttore subacqueo da grande.

Sono passati molti anni, quel bambino, Stefano, è diventato veramente un istruttore e ha fondato, insieme a suo padre, la Macana Maldives.

Stefano Freschi, fondatore di Macana Maldives insieme a suo padre Leuro

Stefano Freschi

  1. Ciao Stefano ci racconti qualcosa di quelle tue prime esperienze subacquee?

Ho cominciato a 13 anni, insieme a mio padre Leuro con cui ho condiviso questa grande passione. Erano anni in cui la subacquea era molto diversa da ora, ancora non erano arrivate quelle che poi si chiameranno didattiche commerciali e andare sott’acqua era considerato uno sport piuttosto impegnativo e avventuroso. Per me che ero solo un ragazzino rappresentava la vera avventura, la possibilità di vivere le avventure della Calypso e di Cousteau che vedevo sempre in televisione .

  1. Anche le attrezzature non erano quelle attuali?

No, era proprio un altro mondo. Gli attuali jacket non esistevano ancora e facevamo immersione con le bombole attaccate a degli schienalini rigidi. Era quindi necessario un buon allenamento. Poi arrivarono i primi GAV a collare e la vita divenne più facile. Anche il gruppo ARA è migliorato nel tempo rendendo tutto più facile e, soprattutto, consentendo l’immersione a chiunque abbia voglia di scoprire il mondo sottomarino.

  1. Sei approdato alle Maldive nel 1988, era stata una scelta consapevole?

No, direi piuttosto un colpo di fortuna. Sono diventato istruttore FIPS a 21 anni e passavo molto tempo al mare, praticamente mi immergevo ogni fine settimana con qualunque tempo e temperatura dell’acqua, e le sere durante la settimana insegnavo in piscina a Pistoia, nella mia città. Il club era anche un luogo in cui si instauravano amicizie molto forti alimentate da passioni in comune e, ancora oggi, i miei migliori amici risalgono a quel periodo e quel luogo. Accadeva anche di fare attività interregionali, così mi capitò di rivedere un amico che avevo perso di vista e che mi raccontò di aver fatto una stagione da istruttore in un villaggio di Club Vacanze. Io lavoravo già, ma potevo prendermi qualche mese libero, così mandai il curriculum, venni preso, mi sono innamorato delle Maldive ed è cominciato tutto da lì… dopo le prime stagioni in villaggio, decisi di noleggiare una barca per proporre crociere ai subacquei. Era un altro tipo di barche, non certo quelle che abbiamo ora, ma così è nata la Macana Maldives. Non era un progetto preciso all’epoca, piuttosto il sogno di vivere sul mare che diventava realtà.

  1. Le Maldive erano diverse da come sono ora?

Beh, le prime stagioni io lavoravo ad Alimatha e ti dico solo che i bungalow non avevano pavimenti ma sabbia e che nei rubinetti usciva acqua salmastra. La vita era molto diversa, il mare però non lo era. Era ricchissimo di fauna di ogni dimensione come lo è adesso. Credo, però, che fossimo diversi noi. Era diverso chi ci lavorava, era diverso chi veniva in vacanza. Le Maldive erano difficili da raggiungere, c’erano pochi voli. Era un luogo in cui si viveva la vacanza come un’avventura in grado di riservare sempre nuove sorprese.

  1. Qual’era la tua immersione preferita allora e oggi?

Tutte le pass con i grandi pelagici e gli squali, allora e oggi… ahahahah

  1. Com’erano quelle prime crociere?

Ci sentivamo un po’ come i primi esploratori. Molti atolli non si conoscevano bene, soprattutto quelli più lontani da Male e si facevano tuffi su tuffi per trovare i punti d’immersione più belli. Non esistevano i GPS quindi ti dovevi basare sulle mire a terra per ritrovare le secche più profonde e poi il mare ci riservava sempre sorprese straordinarie. Una volta ci immergemmo in una pass che sembrava totalmente spopolata e, all’improvviso, ci siamo trovati in mezzo a un gruppo di martello che venivano dalla parte più profonda e, risalendo verso di noi, inseguivano un povero banco di tonni. Ci siamo schiacciati alla parete e ci siamo goduti la scena di quei grandi predatori che mangiavano in diretta davanti ai nostri occhi… molto più bello che guardare un documentario del National Geographic, ve lo garantisco.
E poi le barche non erano quelle che ci sono ora, erano piuttosto dei grandi dhony. C’erano meno comfort, non esistevano ancora i dissalatori, non avevamo l’alcool a bordo, non c’erano i telefoni cellulari, ma si diventava amici subito e ci divertivamo moltissimo a chiacchierare e raccontarci storie di mare e di vita… senza bisogno di condividerle sui social.

  1. Avrai molti aneddoti di questo tipo da raccontare?

Sì, tantissimi… ma credo che non abbiate il tempo di stare a leggere 30 anni di avventure maldiviane (ahahah). Vi posso dire, però, che non cambierei niente di quelle cose. Rifarei ogni cosa, ogni scelta, ogni immersione. Le Maldive mi hanno dato e mi danno ancora così tanto da rendere la mia vita strettamente legata al mare delle Maldive e alle sue isole. Ancora oggi, dopo così tanto tempo, è sempre un’emozione indossare la muta e immergermi, ascoltare i fischi dei delfini quando siamo in sosta di sicurezza, godere il sole sulla pelle o la pioggia sulla faccia quando il dhony lascia il punto d’immersione. Non ci sono blu più blu di quelli che si vedono alle Maldive e non ci sono tramonti più rossi e dorati di quelli che ti puoi godere dal sundeck della barca durante una crociera alle Maldive.

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